venerdì 19 settembre 2014

SONO UN GRAFORIBELLE,MAMMA!


Per illustrare la teoria del caos si cita sempre l'esempio della farfalla che sbatte le ali in un punto qualsiasi del globo, scatenando indirettamente un maremoto a Tokyo.
Beh, eccovi un altro esempio, questa volta di vita vissuta.

Roma, 27 dicembre 1989: una pantera attraversa il raccordo anulare e svanisce. Da  quel momento in poi la mia vita (e quella di parecchi altri, direi) cambia per sempre.
Gennaio 1990, esplodono occupazioni in tutti gli atenei d'Italia, creando un movimento che critica radicalmente le privatizzazioni in atto, la società dell'informazione e la gestione della cultura. Il movimento si da il nome della Pantera, in onore dell'inafferrabile animale che si vagheggia scorrazzi libero nelle periferie romane, ma che nessuno riesce a catturare.
Non esistono praticamente i computer, ne tantomeno internet, però le facoltà si spediscono comunicati via fax, all'epoca il top della tecnologia (!), creando una nuova rete di comunicazione in tempo reale.
Il movimento resiste qualche mese, poi, come la pantera, scompare, riemergendo negli anni successivi almeno nella sua ala più antagonista, prima in una nuova rete di occupazioni su tutto il territorio nazionale, i centri sociali, poi a fine decennio nel movimento no global che dovrà essere fermato con la mattanza del G8 di Genova.
Quasi 25 anni dopo la mostra SONO UN GRAFORIBELLE MAMMA, alla Casa della Memoria e della Storia, espone dal 26 settembre al 7 novembre gli archivi "segreti" dei GRAFORIBELLI, un pugno di giovanissimi (ahimè, all'epoca) disegnatori, che, dalla tipografia della Facoltà di Architettura Occupata di Valle Giulia, tempestarono di vignette e fumetti la capitale e via fax la penisola, raccontando in tempo reale il movimento della Pantera.
Inutile dire che uno dei Graforibelli ero io. In mostra ci saranno disegni originali di Valerio Bindi, Carlo Barbanente, Andrea Guerra, Roberto Grossi e Carlo Prati.
Tornando alla teoria del caos, ho sempre avuto la consapevolezza che quell'avvenimento avesse costituito uno spartiacque nella mia vita di imberbe studentello di architettura, giovane disegnatore dilettante, nonchè fagiano digiuno di politica. In pochi mesi ottenni un corso accelerato di impegno politico, di disegno, e soprattutto imparai che si può cercare di avere il controllo della propria vita.
Insomma sono salito su un treno da cui non sono più sceso.
Riaprire un armadio così importante, chiuso da 25 anni è quindi un'esperienza spiazzante ed emozionante allo stesso tempo, da cui posso trarre un paio di considerazioni alla luce del tempo trascorso.
1- L'archivio dei Graforibelli è enorme ed è un documento unico nel suo genere, aldilà della sua qualità, che è sempre opinabile. Non so se esiste un esperimento simile, cioè chiudere un gruppo di persone in una stanza per tre mesi e fargli raccontare un episodio così importante di vita collettiva.
2- Io ero una pippa inguardabile all'epoca, rispetto alla maturità grafica e narrativa dei miei compagni, ma ho capito subito che quello che facevamo era importante e mi sono messo ad imparare, e ho fatto bene.

Ok, prima che scendano le lacrimucce, eccovi il Bindi d'annata del manifesto della mostra con gli orari e l'indirizzo, e un mio omaggio alla mostra e uno di Andrea Guerra.
Enjoy!






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